15/08, Seattle.
Forse l'ho già scritto, ma l'orario
più bello qui e forse ovunque ora che ci penso, è alle 20:30.
Sono uscito dalla palestra dove mi sono
sfogato un po', successivamente sono entrato in una doccia calda,
sapevo che quella sarebbe stato il colpo di grazia per rilassarmi;
giusto un particolare: il giapponese ben piazzato con gli occhi
truccati, che ogni tanto si affacciava nella mia doccia per
vedere...mmm forse gli piaceva il mio tattoo nel braccio. Non ho
indagato.
La palestra si trova subito dopo fuori
il centro, per arrivare mi lascio i grattacieli alle spalle e per
rientrare me li ritrovo davanti, come in questo momento.
Prima di essere inghiottito però ho i
miei 10 minuti a piedi e posso immergermi nel colore della sera
estiva di Seattle.
Il colore è dolce, non c'è più il
sole ma c'è molta luce. Si parte dal bianco in basso, poi il rosa
fino al grigio molto chiaro.
Il sole abbandona quel lato del mondo e tende la mano alla luna, abbassa la sua temperatura così da non scottarla, ne lei, ne il suo manto che più tardi porterà a sognare i più romantici. Questo colore tenue mi dà la possibilità di poter vedere tutto in maniera molto nitida. Ho davanti un quadro, un cielo splendido, riesco a vedere perfettamente la tridimensionalità dei grattacieli anche a distanza. Un aereo attraversa il quadro, è l'unica cosa che si muove in quel momento. Sento anche un grillo, non mi era mai capitato fin'ora di sentirlo qui. “Krii Krii Krii”.
Il sole abbandona quel lato del mondo e tende la mano alla luna, abbassa la sua temperatura così da non scottarla, ne lei, ne il suo manto che più tardi porterà a sognare i più romantici. Questo colore tenue mi dà la possibilità di poter vedere tutto in maniera molto nitida. Ho davanti un quadro, un cielo splendido, riesco a vedere perfettamente la tridimensionalità dei grattacieli anche a distanza. Un aereo attraversa il quadro, è l'unica cosa che si muove in quel momento. Sento anche un grillo, non mi era mai capitato fin'ora di sentirlo qui. “Krii Krii Krii”.
Mi volto per cercare la direzione
dell'insetto musicista. “Krii Krii” “Grii Grii” … “Trii
Trii Trii”.
Ehm... era solo un cancello automatico
e me la rido.
Sposto la testa in alto, i grattacieli.
Entro in città.
La parola città però non rende in
questo momento. Perchè se penso a città mi viene in mente un
insediamento umano, con una certa densità di popolazione. Sono quasi
le 20:45 e c'è una città vuota. Spenta, disabitata. Non passano
nemmeno macchine.
Ho anche la fortuna di non sentire
sirene.
Mi trovo a Seattle, non credo sia da
paragonare a una metropoli come New York, ma è comunque abbastanza
popolata.
Il centro, ora che ci penso, che è
fatto di grandi palazzoni a prova di vertigine, in realtà è
composto prevalentemente da uffici.
Ho davanti a me uno scenario post
apocalittico. Riesco a sentire i miei passi rimbalzare tra un muro e
l'altro, sento il mio respiro. Non si muove NULLA. Un'ora fa regnava
il caos.
Grattacieli che sembrano completamente
vuoti! I mostri di vetro che dovrò attraversare per qualche
chilometro tra strade in discesa e salita mi fanno sentire molto
piccolo, il tutto aiutato dal silenzio.
Mi viene in mente una scena comune a
due film.
Mi sveglio da un coma profondo durato
diversi mesi, al mio risveglio l'ospedale è completamente vuoto e
messo sottosopra. Esco dall'ospedale e in città non c'è più
nessuno, strade desolate. Strade americane, enormi deserte. Mi
aspetto di trovare zombie che mi inseguono per mangiarmi.
Comunque riesco a passare i grattacieli
incolume, un pullman fermo alla fermata, l'autista legge un giornale,
taxi, ancora palazzi, questa volta più alla mia portata. Mi sembra
di esserci vissuto qui. Ci sono dei particolari che rendono questo
posto uguale alle città dove ho già vissuto. Un gabbiano vola e
sbraita un po', mi arriva una ventata d'aria fresca, si sente l'odore
del mare. Milano, Roma, Cagliari. Ogni tanto “tutto il mondo è
paese” è la frase giusta.
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