Credo sia nata così. Pensando sempre più spesso al tempo che passa, pensando sempre più spesso che è passato un altro giorno.
Questa sensazione di ineguatezza, di sentirmi fuori posto, ovunque e con chiunque. Forse è diventata sempre più chiara e meno un tormento inspiegabile da quando ho iniziato ad accettare e a riconoscere meglio cosa sento. È una bella scoperta, scomoda però: non riesco a mentire, ne a me(dai, meno di prima)... e nemmeno agli altri e qualche volta dovrei, molte volte non cambia nulla, molte volte le persone hanno bisogno di non sentirsi dire la verità, ma credo che imparerò.
Tra le cose che sento, c’è quella di voler vagare nei posti, tra i posti, per i posti, di fare come quelle persone che si prendono un furgone camper e partono. C’è quella voglia di non voler stare fermo. Sento, anche, la sensazione di non essere mai andato nel fondo delle cose. Ne ho sentito sempre la paura. Sento di aver dato la metà in tutte le cose che ho conquistato e anche in quelle che non ho conquistato.
Avevo 12 anni quando partecipai alla mia prima gara di atletica. Ogni tanto mi allenava mio padre, era stato un campione nella corsa campestre e a 18/20 anni correva per la Polizia. Ricordo che prendeva i miei tempi e mentiva, aggiungeva 2/3 secondi in più, ci rimanevo male e così correvo e correvo. A fine allenamento mio fratellino poi mi diceva che papà aveva falsificato i tempi. Per la mia età ottenevo comunque dei buoni risultati.
La gara era organizzata per I Giochi Della Gioventù e nella mia pista c’erano anche i ragazzi più grandi, a quell’età un anno o due facevano nettamente la differenza.
La gara era organizzata per I Giochi Della Gioventù e nella mia pista c’erano anche i ragazzi più grandi, a quell’età un anno o due facevano nettamente la differenza.
Avevo molte aspettative e molte paure, non avevo mai corso in una pista curva, morbida e con le linee segna corsia.
Quando le gare finirono aspettai che mio padre mi venisse a prendere fuori dal centro sportivo Amsicora. La prima cosa che disse vedendomi fu: Non hai vinto vero?
No, risposi.
In realtà arrivai secondo in tutte le gare, ma senza medaglie. Non ricordo di averglielo mai detto.
Volevo vincere, per lui. Però quel giorno fu lui a perdere una parte di me.
E anche io.
Amo mio padre, incondizionatamente, è il mio eroe e non posso fargli una colpa per questo. Ha salvato delle vite, è forte, è un albero, è una persona che non si guarda mai indietro, sembra, e mi chiedo come faccia. Credo di stimare questo aspetto di lui. Anche se, quando si trattava di appoggiare un mio sogno, ho avuto molta difficoltà a fargli credere e ad accettare le parti di me che andavano contro le sue aspettative.
Ho amato lo sport fin da piccolo.
Ne ho pizzicati diversi. Avevo scoperto le arti marziali alla fine, e così mi iscrissi a Karatè.
La mia soglia di attenzione da piccolo non era un granché, non studiavo, non avevo metodo, avevo avuto degli insegnanti pessimi alle elementari che mi portai dietro anche alle medie e i miei erano già separati da un paio di anni. Mia madre si arrabbiava e mi prendeva a colpi di mestolo di legno in testa. Ottimo modo per motivarmi. Un anno fui bocciato alle medie, prima di ciò ero già stato tolto dal karatè. E così, quando non studiavo, si depennava lo sport. Il mio rendimento scolastico comunque non migliorava. Ad ogni modo andavo a vedere gli allenamenti nelle altre palestre, guardavo, anche solo mezz’ora ogni tanto in settimana, verso le 19 uscivo di casa da solo e cercavo palestre per andare a vedere, affascinato, gli allenamenti di quelle cose che non avrei mai potuto far crescere con me.
Sia chiaro che adoro mia madre, si è ricostruita il suo mondo, si è laureata dopo la separazione, è molto stimata e ben voluta e negli anni si è riconquistata un buona parte di me, è stata molto brava a chiedermi scusa, e credo che ci abbia lavorato. Anche se sembrano agli antipodi con mio padre, penso che qualcosa in comune l’abbiano sempre avuta.
Scoprì forse più tardi che essere genitori, giovani, non era stato facile.
Comunque era vero, non studiavo a scuola, ma già alle elementari mi ero fatto fuori un libro adorabile di Asimov, inghiottito! Mi ero letto quel malloppo de Le Avventure Di Tom Sayer e collezionavo i libri gioco dove in base alla scelta che facevi dovevi andare in una pagina piuttosto che in un’altra. Adoravo Topolino e mi arrabbiavo quando papà sosteneva che io guardavo solo le figure.
Mi sono fatto bocciare anche alle superiori e fino al passaggio alla IV superiore mi passavano con 5 materie insufficienti e qualcuna molto grave. La mia situazione familiare non era chiara in quel periodo, il rapporto con la mia famiglia era qualcosa di incomprensibile per me, c’erano delle priorità all’interno delle dinamiche relazionali tra mio padre, me e mio fratello e tra mia madre, me e mio fratello che erano completamente fuori dal mio controllo.
E poi arrivò la musica, quella da fare, non più solo da ascoltare per viaggiare e riempire i miei vuoti e con lei arrivarono i nuovi amici. E con loro passavo più tempo possibile. Fu come ritrovare una strada, un percorso con dei cartelli, piccole indicazioni sparse che si palesavano giorno dopo giorno, avevo lasciato la zattera alla deriva e avevo toccato terra.
A 16 anni frequentavo pochissimo la scuola, studiavo niente, rissavo sia con i fascisti a scuola perchè dicevo di essere comunista, anche se non sapevo nulla di comunismo, che con i bulli, falsificavo le firme di mia madre e facevo crescere in me la voglia di cantare, di stare con i miei nuovi amici.
Non ho mai pensato di voler finire la scuola. Come altro potevano punirmi? Mio padre lo vedevo ogni 15 giorni, mia madre era impegnata con il lavoro e la laurea, la musica era una cosa che non condividevo con nessuno di loro e nessuno mi chiedeva nulla.
Più avanti conobbi una ragazza, Francesca. Studiava al classico, era brava, adorava i Doors e i Guns n Roses, era un pò hippie e un pò rock e ci innamorammo.
Non so per quale motivo riuscì ad arrivare in quarta superiore, avevo 5 materie insufficienti e due con il 3. Però ci volle poco per me, quell’anno, a decidere di volermi liberare delle superiori.
Negli ultimi due anni di corsa per il diploma avevo ottenuto la media più alta della classe, stavo ore sui libri come non avevo mai fatto e prendevo voti come 8 e 9 a quasi ogni interrogazione e compito.
Mi diplomai solo con 63/100 e un professore successivamente mi disse: Calafiura, durante la riunione insegnanti mentre ognuno di noi esponeva i tuoi voti ad uno ad uno, siamo rimasti sorpresi e ci siamo chiesti cosa fosse successo. Non potevamo darti un voto più alto perché hai lavorato solo gli ultimi due anni.
Per me era già un sogno così. Era una adrenalina nuova. Era scoprire che potevo guidare la zattera in mezzo al mare.
E sapete cosa era cambiato?
Avevo conosciuto una persona che aveva creduto in me.
(ps. Amo i miei genitori, negli anni hanno fatto molto, è successo dopo questa fase, dopo che ho imparato a decidere per me, e tutto questo mi è servito a prendere le mie cose per poi renderle più grandi e rendermi più grande.)
Avevo conosciuto una persona che aveva creduto in me.
(ps. Amo i miei genitori, negli anni hanno fatto molto, è successo dopo questa fase, dopo che ho imparato a decidere per me, e tutto questo mi è servito a prendere le mie cose per poi renderle più grandi e rendermi più grande.)
Nessun commento:
Posta un commento