domenica 28 luglio 2013

Profondo. Cap 1

Profondo 
Capitolo I


Luglio 2003. Sono 2 mesi che non sento Francesca e sono 60 giorni che mi addormento e mi sveglio tormentato dalla scelta. La mattina mi sveglio con l'idea che la storia doveva finire. La notte crollo emotivamente, non vorrei mai che arrivasse il momento di dover andare a letto, è il momento in cui mi sento solo, in cui le lacrime non hanno motivo di stare dentro di me.
Perchè il buio dev'essere associato alla fine? Alla disperazione?
La notte mi entra dentro, è come una lama rovente che entra nel mio cuore fatto di burro che non può opporsi. 
Entra, apre la ferita, brucia. Si! Brucia e alla fine è quello che voglio. Sentire la tristezza, sentire ancora lei in qualche modo, anche se è il modo più doloroso, la sua assenza mi riempie. Lei è ancora presente?
E' paradossale, ho fatto io la scelta, sono certo di questo! L'amo ancora? Ormai non importa più. É così e passerà.

Simona ha deciso di passare a trovarmi, lei è una mia amica di Roma, siamo amici da anni e sono anni che non ci vediamo. Ci siamo sentiti al telefono il mese scorso, due battute, due risate; forse un aiuto.
Luglio 2003. Sono le 15 e caldo e umidità sono insopportabili. Quest'anno l'estate è arrivata ad aprile, me lo ricordo perchè ho fatto il primo concerto ai chioschetti, al mare in quel mese.
Sto aspettando all'aeroporto di Elmas e le ho comprato un mazzo di girasoli per accoglierla.
Finalmente la vedo arrivare. Salvami! Ho pensato.
Simona è mia coetanea, 23/24 anni e ha già girato mezzo mondo facendo la hostess per l'Alitalia, è molto carina e lo sa benissimo, è quasi bionda, un castano molto molto chiaro con capelli lunghi. Due occhi verdi color Sardegna. Porta anche oggi jeans e t-shirt come quando l'ho conosciuta e io adoro le ragazze che sanno portare i jeans e su di lei vestono proprio bene! Sospiro.
Scarpe in tela. Semplice ed efficace. A una donna bastano veramente poche cose per attirare l'attenzione di un uomo. E sono quelle cose che non hanno nulla a che fare con fisico, per quanto io , ammetto, sia un'amante dell'estetica femminile.
Ma lei, oltre al sorriso e allo sguardo e tutto il resto, è voglia di vivere.
Io l'avevo già vista arrivare, ma lei mi nota solo appena supera le porte elettroniche. Molla la valigia a terra e mi salta al collo urlando il mio nome con forte accento romano: “AH Sèèèèè!”.
Le faccio fare un giro sul mio collo e la riporto giù. Mi guarda con i suoi maledettissimi occhi verdi e mi dice a voce bassa “sembra ieri! Ma me sei mancato!” “Si, sembra ieri” rispondo sorridendo. Ma non era vero, in tre anni di cose ne capitano, e quando superi i 19 anni molte cose cambiano.
Sono contento che ci sia, ma mi sale ansia, ho il cuore a mille. Ho paura.
Sale in macchina e vede i girasoli: “per te!” “te sei matto!” risponde. Mi da un forte bacio sulla guancia e mi sorride. E' felice.

Siamo a casa, le faccio vedere la sua camera, che è quella di mio padre, è partito in Sicilia questo mese.
Le ore passano tra le chiacchiere e si ripercorrono scene del passato di quando ci incontravamo a Villasimius al mare che avevamo 16 anni, al cinema all'aperto con gli amici e le cose che stavamo facendo adesso. Non le nomino Francesca. Non voglio usarla come una spugna, tanto non servirebbe. Voglio solo aprire una parentesi. La mia parentesi.
Con mio padre abbiamo la casa vicino a un porticciolo, dove lui ha ormeggiato un piccolo cabinato con una prua abbastanza larga. Per cena ho organizzato una pizza e del vino rosso da consumare sulla prua. E' stata un'ottima idea! Si sentono rumori “civili” ma sono lontani, quello che regna sono il suono delle piccole onde sulla banchina e sulla barca che si muove al ritmo del mare, il rumore dei ferri negli alberi delle barche a vela vicino e le nostre voci quasi sottovoce, non c'è un motivo ma penso venga quasi naturale in posti così dove regna il silenzio e sei al buio parlare piano, quasi come se avessi paura di farti sentire.
Si ride, si brinda, cielo blue, cielo nero. Stanotte non mi sento cadere. Ci baciamo.
Ci baciamo per tanti minuti, forte, fortissimo da fare male.
Si mette su di me e mi dice all'orecchio lentamente e sotto voce: “...voglio fare sesso con te” e sospira. Sono le cose che ti aspetti in queste situazioni. Ma sentirmele dire mi riporta a me. Rimango in silenzio, in pochi secondi realizzo che io non volevo fare sesso. Non volevo arrivare. Volevo restare in bilico, volevo tenermi la sensazione in sospeso. Tenermi il desiderio. Allungare la mia vita, restare vivo per non riprendere a pensare. Ma non dissi nulla. Non sono mai stato bravo a dire di no. Lei si riavvicina, con i suoi occhi e le sue labbra all'altro orecchio e allo stesso modo mi dice: “ non stanotte però! ...Domani...”
Respiro, mi da un bacio e mi dice che ha le sue cose.
Sto meglio, mi rilasso, il cervello smette di creare conflitti.
Rientriamo a casa, 500m a piedi abbracciati, con una bottiglia di Cannonau in mano quasi vuota.
Domani si và a Villasimius da amici per un paio di giorni. Oggi ognuno nella sua stanza e buonanotte.



Parte 2

Preparo la colazione, sono le 09 quando Simona mi raggiunge in cucina, sono di spalle che guardo il caffè uscire e ne ammiro il profumo. Ma solo il profumo, il sapore non mi piace, io vado per il latte bianco. Lei si avvicina alle spalle, si solleva sulle punte, appoggia una mano sulla mia spalla per tirarsi su e mi da un bacio nel collo. 

  • “Hey! Che servizio! Sei da sposare?”. Mi dice con un sorriso 
  • “Non ti illudere, mi stanco presto di fare l'uomo perfetto!”. Smorzo un po'. Tutto sommato è la verità. Sorrido.
L'arrivo a Villasimius prevedeva tante feste da parte degli amici. Sono le 10 e 30! E' troppo presto per loro, stanno dormendo e dalla villetta non risponde nessuno al citofono e nessuno al telefono. Me li immagino ognuno nel proprio letto: uno che russa, uno che occupa il letto nella posizione dell'uomo vitruviano di Leonardo Da Vinci e l'altro che la mattina alza una gamba quasi a bandiera sostenendola con il ginocchio dell'altra gamba (non so perchè). Io ho questi amici e me li devo tenere e tutto sommato io la mattina al risveglio imito il verso del cinghiale.
Decidiamo di andare al mare per passare il tempo, mando un sms agli amici e via. Un bagno è quello che ci vuole, la sabbia è fine, la gente non manca ma è abbastanza vivibile. Si tuffa anche Simona, acqua cristallina, occhi smeraldo, sorriso bianco. Si avvicina, mi abbraccia, la tengo. Mi bacia, sapore d'estate, il sale nelle labbra. 
  • Ed eccomi : “ Simo...scusa ma … è un momento del cazzo e non mi va di...” non sapevo veramente come dirglielo, non volevo darle nessuna spiegazione.
  • “...ok!”smette di sorridere e allenta la presa al collo
  • “scusami, mi piaci molto, ma non ho testa, o forse è perchè ce l'ho...ma è bello che tu sia qui e...”
  • “ok!" mi interrompe e continua : "ma ieri si ...e oggi no?!” non dice altro. L'orgoglio femminile non è minimamente paragonabile a quello di un uomo in queste situazioni. Toglie le braccia dal mio collo, si stacca e si mette a nuotare al largo per poi rientrare, stare vicina ma non troppo e a non guardarmi , entrambi a guardare l'orizzonte.
No. Non l'ha presa bene. È colpa mia e lo so.

Arrivano gli amici finalmente, sono gli amici estivi anche suoi. Mi aiuteranno a smorzare la tensione che ho creato. E infatti ci attaccano alle spalle come un gregge di pecore spaventate dai cani. E via con la lotta. A colpi di palla in acqua e schizzi. A Simona torna il sorriso e gioca solo con loro adesso, ogni tanto mi guarda, ruba uno sguardo, ancora mi studia. Salta addosso a tutti, forse per provocarmi. Io reagisco uscendo dall'acqua per tornare nel mio asciugamano nei miei tormenti quotidiani.

La giornata è passata, è notte! Anche oggi il giorno è stato ricco di tensioni, l'arrivo di Simona ha aggiunto confusione, è un'amicizia che ha fatto un passo di troppo, un'amicizia che avevamo tra le mani e non abbiamo saputo gestire,  la mia potenziale ancora di salvezza mi porta più giù nel profondo ed è notte fuori, è buio dentro e io non riesco vedere luce. Il passato si scontra con il presente, il presente non si muove appesantito dal passato. Tutto fermo come prima. Sospiro ogni 30 secondi, sento l'ansia. 

La notte quindi, è qui che mi aspetta, ma sono già dentro il suo mantello, pronto per la sua bocca vuota e assordante.

Parte 3


Inizio a sognare, sento la mia essenza che pesantemente cerca di staccarsi, quando lo fa lascia la mia carne nel nero del buio di quella stanza, riesco a osservarmi un attimo e poi via, volo via, fuori da quella casa, stando a mezz'aria e attraverso i muri e ancora via, sono fuori, ho quasi la sensazione di percepire la temperatura fresca esterna e l'umidità tipica della notte della mia terra. In un attimo mi ritrovo in un luogo che conosco. Sono al mare, c'è musica ad alto volume. Si! Riconosco la spiaggia e c'è un gruppo skà che suona (“ancora skà?!” penso), la gente balla, poche luci illuminano la spiaggia e più in fondo è buio pesto. Nemmeno la luna c'è a dare un po' di luce. Meglio, mi sento meglio, più nascosto. 
Sento come se la mia presenza lì non sia reale, rarefatta e infatti nessuno mi vede. Qualcosa mi porta via da vicino al palco. Mi ritrovo subito vicino alla riva, il palco è alle spalle, il mare è nero e sembra infinito. Piccole onde si muovono una sopra l'altra. La mia visuale si sposta alla mia sinistra, come se qualcosa mi guidasse mentre ancora volteggio. Ci sono, ma so di essere invisibile, come fossi una telecamera dove non ho possibilità di controllare le inquadrature.
Vedo Francesca in riva, ha un cappotto lungo e un cappello. C'è un ragazzo che l'abbraccia.
  • “ AAAAHHHH!!” il mio risveglio la mattina è stato così!
Ho urlato come se non riuscissi a respirare.
Simona viene svegliata dal mio urlo e si spaventa. - “Oh! Che te prende?”.
Ma non rispondo. Non riesco a respirare e ho l'affanno. È come se avessi corso per km aumentando sempre di più la velocità, battito a mille e sono sudato! Completamente bagnato, zuppo. Sembro uscito da un utero. Il letto è fradicio. C'è la luce fuori, è mattina.
  • “ Sei pallido quanto un cadavere, ma che hai?”
  • “ Un incubo” rispondo.
Scendo dal castello, il letto era bagnato, impraticabile e non me l'ero fatta addosso. Non fa caldo in quella stanza, perchè è uno scantinato che resta sempre fresco anche d'estate. 
Faccio fatica a camminare, mi sembra di essere un tronco di legno. Mi lavo la faccia! Sono stanco, esausto.

Passa una settimana, Simona era partita il giorno dopo il mio incubo. 
Per una settimana ho avuto la sensazione di aver vissuto quella scena di vita, per una settimana ho avuto la paura di aver visto quell'episodio. Per una settimana mi sono portato dietro l'ansia che mi ha svegliato quella mattina e l'ansia non era per quello che avevo visto.
Poi finalmente decido di chiamare Francesca.

  • “pronto?!” è ovviamente sorpresa della mia chiamata, 5 anni di storia e poi due mesi senza una parola.
  • “Ciao Frà, come stai?”è udibile il mio imbarazzo e lo è anche il suo.
  • “bene ...e tu?”
  • “Benone. Scusa se ti chiamo, ma devo chiederti alcune cose...” e sto in silenzio aspettando il permesso di poterle chiedere e per poter formulare le domande con ordine o non so cos'altro.
  • “Si, certo...dimmi.
  • “La settimana scorsa, ti trovavi al Corto Maltese? C'era un concerto ska, eri abbracciata ad un ragazzo e tu avevi un cappotto o una giacca lunga addosso?”
Ok, le ho chiesto questa pazzia, mi tolgo l'ansia e via. Passano diversi secondi. Dopo tutto saranno affari suoi che cosa avesse fatto la settimana scorsa...
  • “ Si! Ero lì,ero io, non ti ho visto, scusa forse avrei dovuto dirti qualcosa prima...”
Ok. Era lì lei...e io?
  • “ No tranquilla, va tutto bene... grazie e scusa per la domanda. Un abbraccio.”
Chiudo la chiamata. Guardo il cellulare... respiro.


La mia ansia in parte poteva essere dovuta dalla paura di venire a sapere di Francesca con un altro, ma c'era anche l'ansia di aver vissuto quel momento davvero. Stavo sognando?

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