Che poi, crescendo e affrontando incontri e separazioni, comprese quelle strazianti che lasciano solchi indelebili nell'anima e “che per tua natura attirerai”, rivaluti tutto. E quindi pensi ai tuoi che nella loro vita si sono innamorati e disainnamorati, amati e odiati e si sono straziati, magari un po' come me. Senza considerare che io non ho figli e nemmeno un matrimonio.
La sensazione che i tuoi genitori ti debbano tutto penso sia un po' una cosa naturale per quanto riguarda la nostra società, ti poni la domanda del perchè di tanti comportamenti contrari a te in quanto loro figlio, ragioni un po' come da eterno bambino e affermi a te stesso che ti è dovuto, quando il mondo ti va contro, te lo devono.
Questa idea va contro al fatto che anche loro sono esseri umani, fatti di bug, errori emotivi, educativi che ho ereditato, che mi rendono parte di loro. A certe domande da figlio non troverò risposte, altre invece, non avrò il coraggio di porle.
Mio padre.
Qualche storia fa ho raccontato un episodio di quando ero più piccolo, dicendo che mio padre in quel momento aveva perso una parte di me. Anni dopo però recuperò facendo un gesto molto forte, per alcuni forse potrà sembrare scontato, ma per nulla per me.
Dopo la separazione io e mio fratello vivevamo con mia madre, erano passati ormai 6 anni, io avevo già 16 anni, mia madre nella ricostruzione e recupero del suo tempo ci teneva con se in casa tutti i giorni, eccetto quei weekend che ci divideva con nostro padre. Non credo accettasse l'idea di doverci tenere tutto quel tempo lei, era giustamente un tempo ingiusto, anche se mio padre pagava alimenti e partecipava alle spese, negli anni 90 comunque non ci viveva in casa, ormai viveva con la sua compagna e si gestiva il suo tempo e noi crescevamo. Così faceva anche mia madre aiutata dai nonni, la mancanza di una seconda figura come quella di mio padre iniziava a pesare nella convivenza, io iniziavo a non reggere più quelle lacune. Sono sempre stato innamorato di mio padre, era un uomo, era una figura forte e molto presente e si era fatto amare tanto, era silenziosa, voleva sembrare un uomo vissuto e sempre con una risposta pronta alle situazioni difficili della vita, anche se alcune cose magari erano buttate giusto per non lasciarmi con il vuoto, qualcosa se la inventava sempre, anche nell'incertezza riusciva a trasmettermi sicurezza. Per lui non esistevano indecisioni, più o meno programmava tutto, non amava le sorprese, i rischi, era sempre all'erta e pensava sempre al futuro. Mia madre era l'opposto, restava un po' più vaga nelle decisioni, meno sicura, forse più sincera, era un po' come dire: in qualche modo andrà, vivi ora, fai quello che senti. Io sono un mix tra i due, uscito male. Sono un po' come mio padre, ma poi subentra la parte di mia madre e mando tutto a puttane. E quindi un po' tengo e un po' rischio. Un po' ho paura di programmare troppo, un po' ho paura di non rischiare abbastanza, e viceversa.
Mi sono dilungato po', però a 16/17 anni mi mancava mio padre, litigavo con mia madre spesso e non riusciva a gestirmi, forse non le piaceva tanto che fossi così attaccato a mio padre, forse perchè non avevo dato molto peso alla separazione e non avevo preso parti, o forse perchè appunto, la responsabilità dei figli alla fine era per lo più sua e le tensioni in casa aumentavano. Stavo spesso fuori casa, cantavo in saletta con gli amici, non studiavo e frequentavo la sala giochi, composta per lo più da ragazzini disgraziati, bulli, ladri, gente del cazzo senza morale, anche loro con problemi in casa sicuramente più gravi dei miei, non mi piacevano. Mio fratello era ben viziato dai nonni , era più piccolo, più bello, più testardo e stava benissimo dove stava, ho sempre pensato fosse il preferito della parte materna, ma io ero più grande, avevo la lingua ed era più facile protestare per me quando si toccavano certi argomenti famigliari. Così espressi la mia richiesta di voler andare a vivere con mio padre a mia madre, che non si oppose.
Era dicembre, ero in macchina con mio padre, quel weekend toccava a lui.
“ Cosa vuoi per Natale?”
“Vorrei vivere con te...” risposi.
Non è stato per niente facile, mi tenevo sempre le cose dentro. Sopratutto quando la risposta era un potenziale rischio di delusione. Ma ero seriamente al limite e anche lui, una negazione mi avrebbe fatto allontanare fin non so dove.
Ci fu silenzio per un po' di secondi.
Mi fece alcune domande, gli spiegai che non reggevo più il clima in casa.
Si prese del tempo, poi parlò con mia madre.
Lui conviveva con un'altra donna, anche lei separata, non le pesava che una volta ogni due fossimo a casa di papà, era moderatamente affettuosa. Non credo siano tanti a pensare a quanto sia strano non poter dire di avere una casa propria nonostante tu sia il figlio di qualcuno, sei figlio di separati: vado a casa di mio padre, vado a casa di mia madre. Tutto quello che è loro è tuo in teoria, la casa è un rifugio che dovrebbe accoglierti e darti sicurezza, dove non devi chiedere il permesso, invece non riuscivo a pensare di avere una casa mia. VADO A CASA MIA, non era una cosa che sentivo di poter dire. L'idea di disturbare è stata una caratteristica determinante nel mio carattere (forse lo è ancora).
Per mio padre non fu semplice prendere la decisione con delicatezza, la sua compagna non ci voleva, si stava facendo una vita nuova e non aveva considerato di poter vivere con due figli non suoi che avrebbero invaso i suoi spazi e la sua nuova vita con mio padre. Il suo investimento di vita iniziava ad avere delle falle.
Mio padre non mi nascose la situazione, però per il suo dovere di padre, per la sua figura di uomo responsabile, non poteva negarmi quel desiderio. Così andammo con mio fratello a casa sua, ci trasferimmo.
Non ricordo il momento che ho fatto le valige, che ho chiuso la porta della casa della mia crescita, non ricordo come ho salutato mia madre, si dice che quando hai dei buchi di memoria di alcuni eventi importanti, forse questi sono stati dei traumi che la mente ha oscurato, seppellito, quei dolori che è meglio non voler rivivere. Così ho dimenticato quel momento.
La compagna di mio padre visse con noi per qualche breve periodo, non sapevo bene cosa stesse succedendo, ricordo però che una mattina mentre facevamo colazione io e lei, arrivò mio padre con la sua tazza di caffè, si sedette e appoggiò con decisione un pezzo di carta rettangolare sul tavolo. Era un assegno. Il tempo divenne sordo, mio padre non aprì bocca, con serietà non guardò in faccia nessuno dei due, sorseggiò il suo caffè, nemmeno lei disse nulla, restai a fissare quel pezzo di carta con una discreta somma in lire con le mani sotto al tavolo. Lei lo prese, si alzò e se ne andò. Restammo in silenzio e non la vidi più, dimenticai anche le emozioni successive credo.
In poche parole lei gli pose una scelta: o lei o noi (con risarcimento). Così mio padre scelse.
Le diede un risarcimento “danni”, una parte per qualche spesa che sicuramente aveva contribuito in casa, e gli altri per quelli morali. Mio padre scelse noi, può sembrare scontato, ma in realtà non ci pensò poi tanto, i suoi figli avevano bisogno di un padre più presente, trovandosi a un bivio, con una relazione avviata, in pochi mesi sconvolse la sua vita.
Adesso me lo immagino nei suoi 46 anni di quel periodo, con gli anni che passano veloci, con il letto vuoto per la seconda volta, il conto in banca svuotato, con la sua rabbia per non essere stato capito da una donna che avrebbe preferito stare accanto a un uomo che avrebbe abbandonato i propri figli, me lo vedo con qualcosa di inaspettato da dover affrontare, qualcosa che fino ad allora, per diversi anni, era spettato alla madre, come educazione, trasporti, spesa, preoccupazioni, spazi. Vita... cucina. Si la cucina fu un problema all'inizio.
C'è da dire che in cucina mia madre era ed è un drago, mio padre era un dramma. Nel primo anno di separazione quando stavamo con lui andava avanti e ci cucinava scatolette, uova e pasta al tonno. Successivamente, abitando con lui poi migliorò, cercava di fare le lasagne al forno, dove una teglia pesava 12 kg e la sfoglia superiore era nera, dura e croccante come un pacchero crudo. Adesso si può dire che sia quasi chef!
fantastico e profondo
RispondiEliminaI tuoi racconti sono sempre ricchi e dettagliati... Sembra di essere li e provarli in prima persona, come hai fatto tu... Sembri un poeta... romantico, riflessivo, a tratti malinconico... Legato a tante "cose"... Un sognatore... Ed è bellissimo leggere ciò che scrivi...
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