Giornata di sabato 14. Credo che il momento più bello sia stato proprio quando Robert mi disse che non mi avrebbe potuto accompagnare in hotel. La scelta era tra dormire da lui o tornare da solo in hotel con la Harley. Il mio letto si trovava a 50 km dal posto in cui mi trovavo in quel momento. 50 km di superstrada, 4 corsie, gallerie, la luce che scendeva, erano le 20 passate e deviazioni ovunque per ovunque: tipo Vancouver o l'ALASKA! Cavalcavia e ponti e auto che sfrecciano. Ma non sembrava difficile. Ho risposto I try! Ma non credo che nessuno potrà capire il mio brivido di quel momento! Era tra la felicità e il brivido della paura quando non sai se stai per fare una cazzata , ma la vuoi fare lo stesso perchè... perchè... perchè cazzo si! Da solo, con una Harley potente, in quelle strade! Andare in moto in “cricca” è fighissimo, ma quando vuoi assaporare delle cose nuove, allora prendi la tua bambina e vai! La differenza è che decidi tu il ritmo, prendi il tuo ritmo e la moto sta con te. Vai piano, accelleri, ti fermi quando vuoi, non ti fermi, è come essere un tutt'uno! Non devi rendere conto a nessuno. Sei tu, lei che ti accompagna come un cavallo ben addomesticato e l'aria. Partiamo insieme io e Rob, lui sulla sua deliziosa Suzuki. E dopo pochi km imbocca una deviazione a destra per casa sua e mi fa cenno con il braccio di continuare dritto. Le nostre strade si dividono e dall'altra parte vedo Robert con il braccio sollevato e pugno chiuso! Un po' una tamarrata da motociclisti o da conquistatori del mondo! Solo. Le auto ritornano verso Seattle con me, a quell'ora non ci sono ingorghi. Non c'è molto da vedere per i primi 20 km, solo una strada larghissima e ogni tipo di auto! Ho avuto qualche incertezza perchè trovavo diversi cartelli per Seattle e Robert mi disse di andare sempre dritto. Avrei voluto fermarmi per chiedere a qualcuno, ma in una superstrada non c'è nessuno fermo, ne un distributore nel mio senso. Sono nella merda! Forse era meglio andare a casa del boss! Ma perché cazzo non uso la testa ogni tanto!... Ho pensato. Ma poi ecco il ponte che attraversa l'oceano e me che attraverso il ponte e l'oceano! L'acqua è di un blue intenso, quasi come il cielo, che è color indaco a sfumare di bianco all'orizzonte. Il ponte è lungo 5 km e puoi vederlo tutto che si fa piccolino dall'altra parte da quanto è lungo. L'ingresso al ponte è in discesa e l'uscita è in salita. Quindi si ha l'idea di stare su una lunghissima corda poco tesa a pelo d'acqua con le estremità sollevate. Ecco Seattle! Forse ce l'ho fatta! No, sbagliato strada: praticamente dovevo scegliere tra la 495, la 90, la 212, la 62, la 356 e la 45, Rob si era dimenticato un ultimo particolare, fondamentale. Ovviamente io ho scelto quella che non entrava in città. Cinque entrano in città subito, una la costeggia lasciandola a sinistra e porta via! Io ho scelto quella. Comunque, la 45 mi guida su di un cavalcavia che mi solleva. Hai l'idea per un attimo che la strada venga inghiottita dai grattacieli più alti della città. E' uno spettacolo vero e proprio. I giganti di vetro mi fanno avere una sensazione di vertigine visti così. Riesco a prendere l'unico ingresso per la città, altrimenti credo sarei finito in Canada! Il cielo è ormai blue scuro, ma le sfumature di bianco fanno ancora molto contrasto. Se sollevi la testa vedi la notte, se guardi davanti vedi il giorno. Sono le 21.15 e sono quasi arrivato. Un ultimo semaforo mi arresta davanti ai palazzi uno di fianco all'altro, uno cilindrico che ti guarda con orgoglio e potenza, un altro a parallelepipedo con la cima tagliata netta di lato, che sembra snob e sbruffone. Qualche luce accesa qua e là. Sembrano un'opera d'arte moderna e non l'avrei mai detto.
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